Così ha concluso la Corte suprema, con la sentenza nr. 23334 del 6 ottobre 2017, ove è stato altresì ricordato che, mentre il domicilio fiscale è predeterminato dalla legge secondo criteri obiettivi, l’indirizzo è invece il luogo fisico presso il quale il contribuente può essere reperito, ma sempre nell’ambito del domicilio fiscale stabilito dalla legge.
Il domicilio fiscale è una nozione esclusiva dell’ambito tributario e che assume una valenza essenziale, tra l’altro:
Nell’ambito della particolare disciplina della materia, l’art. 58, ultimo comma, del DPR nr. 600/1973, prevede che “le cause di variazione del domicilio fiscale hanno effetto dal sessantesimo giorno successivo a quello in cui si sono verificate”.
Accanto al domicilio fiscale viene poi in considerazione il concetto di indirizzo, luogo fisico in cui, nel comune di domicilio fiscale, il contribuente può essere concretamente reperito e in ordine alle cui variazioni e modificazioni l’art. 60 co. 3 del medesimo DPR nr. 600/1973 prevede, tra l’altro, che le stesse “hanno effetto, ai fini delle notificazioni, dal trentesimo giorno successivo a quello dell’avvenuta variazione anagrafica o, per le persone giuridiche e le società ed enti privi di personalità giuridica, dal trentesimo giorno successivo a quello della ricezione da parte dell’ufficio della dichiarazione prevista dagli articoli 35 e 35-ter del decreto del Presidente della Repubblica 26 ottobre 1972, n. 633…”.
La Cassazione, dunque, con la sen. 23334/17 afferma in modo inequivocabile che, ai fini della notifica degli atti tributari, l’ultrattività del precedente recapito e, di conseguenza, l’inopponibilità all’amministrazione finanziaria delle relative variazioni e modificazioni vanno rapportate a un differente lasso temporale a seconda che l’interessato abbia mutato il domicilio fiscale (trasferendosi da un comune ad altro comune) oppure, nell’ambito di quest’ultimo, abbia semplicemente variato il luogo fisico in cui ha stabilito il proprio indirizzo.
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